Enhanced Games: il palcoscenico della vergogna
- Daniele Belluzzo
- 27 mag
- Tempo di lettura: 4 min
I cosiddetti Enhanced Games rappresentano, senza mezzi termini, la pagina più squallida, dannosa e vergognosa che lo sport moderno abbia mai sfogliato.Non sono un’alternativa.Non sono una provocazione.Sono una degenerazione conclamata dell’ideale sportivo.
Sfruttano il nome “Games” per richiamare eventi che celebrano la nobiltà dello sport — e lo fanno per promuovere un palcoscenico di dopati consapevoli, narcisisti falliti e tecnici in cerca di attenzioni.
Siamo di fronte a un circo dove la chimica sostituisce l’etica, dove il culto dell’ego soffoca il rispetto delle regole, dove chi non è più competitivo si reinventa campione ( o prova a farlo ) in una competizione senza dignità, senza credibilità, senza pubblico.
Prendiamo James Magnussen.Un nuotatore che nel 2012 sembrava destinato a dominare il mondo, con quel 47.10 nei 100 stile. Un nuotatore che ai tempi suscitava simpatia, ammirazione sportiva e anche tenerezza per aver fallito il momento decisivo: l’Olimpiade. Sembrava invincibile e Adrian ci ha ricordato che era umano, ha persa da favorito, ha persa da leader annunciato; niente di più vicino al concetto di sport: ci si allena si gareggia, si vince, si perde, gioia, delusione. E invece no, questo non era abbastanza per lui.È voluto “ritornare” con l’aiuto di sostanze dopanti sui 50 stile.Gara che gli è sempre venuta meno naturale rispetto ai 100 stile, ma tanto qui di naturale c’è poco. Nel 2011 vinse il titolo mondiale nei 100 stile libero in 47”63 e nei 50 non era neanche iscritto. Ricordiamo le sue prime volte sotto i 49”: ad Irvine 48”95, passava 24 e decimi e tornava 24 e decimi. La realtà è semplice: non ha mai accettato il declino. Non accetta di essere stato grande e ma non aver vinto quel titolo Olimpico, non accetta le regole semplici dello sport. E quindi si aggrappa alla speranza Triste e Patetica.
Poi c’è Kristian Gkolomeev. Uno dei velocisti più talentuosi degli ultimi anni. Uno che ha nuotato sotto i 22 secondi in vasca lunga più di 50 volte, sempre pulito, sempre con risultati di grande spessore, consistente, argento mondiale, tra le altre cose. Ma con questa partecipazione ha gettato al vento ogni cosa. La coerenza. La credibilità. Il rispetto di anni di fatica, tecnica, lavoro.Perché un conto è gareggiare tra i migliori; magari non vincere, ma dar sempre battaglia, un altro è gareggiare con chi si infila tutto quello che può pur di avere un pugno di centesimi in meno sul cronometro.Una scelta incomprensibile. Ingiustificabile. Imperdonabile.
Ma il caso più inquietante di tutti resta Brett Hawke.Oggi head coach ufficiale degli Enhanced Games.Un titolo che non dovrebbe esistere. Eppure lui lo ostenta con orgoglio, come se fosse un traguardo. Come se fosse qualcosa di cui vantarsi.
Hawke è stato un buon nuotatore australiano. Ma è sempre rimasto nell’ombra dei giganti: Thorpe, Hackett su tutti, ma anche Klim Sullivan Targett etc… e potremmo continuare con le protagoniste del settore femminile come Leisel Jones e Lisbeth Trickett, senza scomodare leggende del passato come Dawn Fraser.Forse quella frustrazione, quell’essere sempre in secondo piano, ha scavato dentro.Oggi si manifesta in tutta la sua ossessione di protagonismo. Lo stesso che non gli è mai riuscito veramente da atleta.
E la cosa più grave è che la sua follia getta fango anche su altri, indirettamente ma inevitabilmente.Parliamo di atleti come César Cielo, Frédérick Bousquet, Bruno Fratus.Campioni veri, record mondiali veri.Tutti passati dalle sue mani quando era head coach ad Auburn University e nel suo percorso da “allenatore”.
Oggi, quegli stessi record, quegli stessi atleti, diventano il bersaglio dichiarato degli Enhanced Games.Un attacco sleale. Una macchia. Un dubbio che non doveva esistere.Ecco perché questi atleti dovrebbero prendere le distanze in modo pubblico e netto.Per tutelare la loro carriera.Per difendere la verità.Per non restare complici — anche solo per silenzio — di un delirio autodistruttivo come quello di Brett Hawke.
E intanto lui parla di “Sprint Revolution”.Ma nei fatti, non c’è alcuna rivoluzione.Solo una raffica di contenuti patinati, slogan vuoti, marketing tossico, post pseudo-motivazionali su Instagram.Altro che scienza. Altro che tecnica. Altro che progresso.
Lo ripetiamo chiaramente: questa non è evoluzione dello sport.È l’antitesi della lealtà, della preparazione, della sfida equa.È l’esaltazione del gesto dopato come nuova normalità. L’anormalità che pretende di diventare normalità.
La WADA deve intervenire.Non è più accettabile che atleti e allenatori possano pubblicamente promuovere e partecipare a eventi che glorificano l’uso di sostanze dopanti senza conseguenze. Anche se gli Enhanced Games non rientrano sotto la giurisdizione diretta della WADA, l’agenzia ha il dovere morale e istituzionale di prendere posizione. Deferire, sanzionare o almeno denunciare pubblicamente chi si schiera apertamente a favore del doping è un passo necessario per preservare l’integrità dello sport.
E poi c’è Cameron McEvoy.Un campione olimpico nei 50 stile, che ha adottato un approccio innovativo e scientifico all’allenamento, focalizzandosi su sessioni brevi e intense ( per semplificare) sotto la guida del suo allenatore Tim Lane. Questa scelta, frutto di studio e dedizione, ha portato McEvoy a risultati straordinari, senza mai ricorrere a scorciatoie o sostanze proibite. È inaccettabile che Brett Hawke cerchi di accostarsi a loro scimmiottando e supportando questa filosofia, insinuando che faccia parte del suo “Sprint Revolution”. McEvoy e Lane dovrebbero prendere le distanze da tali personaggi, per proteggere la loro credibilità e l’integrità del loro lavoro.
Chi ama lo sport non può tacere.Chi ha vissuto il sacrificio, l’onestà, la sconfitta vera, il podio sudato — deve alzare la voce.Insorgete.Contro questa pantomima.Contro chi spaccia doping per libertà.Contro chi ha il coraggio di dire che tutto questo è “futuro”.
No.
Questo non è il futuro.
È solo la fine di ogni principio di sport
Daniele



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