Allenare la frustrazione: il nuoto che (non) si insegna
- Daniele Belluzzo
- 27 mag
- Tempo di lettura: 1 min
C'è un aspetto dello sport che raramente entra nei programmi, nei manuali, nei corsi di aggiornamento: la gestione della frustrazione.
Lo vedi nel bambino che sbaglia la virata per la terza volta e inizia a evitare lo sguardo dell’istruttore.
Lo vedi nella ragazzina che si allena benissimo per settimane e poi si becca una squalifica per falsa partenza.
Lo vedi nell’atleta adulto che si spacca di chilometri ma non migliora nemmeno un decimo.
E lo vedi — in modo ancora più evidente — in chi non ha imparato a perdere, nemmeno da grande.
Il nuoto, per chi lo conosce davvero, è una scuola di imperfezione.Ti sbatte in faccia i tuoi limiti, giorno dopo giorno, vasca dopo vasca. Eppure proprio lì, in quel momento dove ti senti piccolo e inadeguato, nasce l’atleta vero.
Insegniamo virate, partenze, nuotata corretta; ma forse dovremmo insegnare anche a stare dentro la sconfitta, a dare valore al percorso, a non cercare scorciatoie.
Perché lo sport vero, quello che sa di cloro, non si fa per vincere sempre, si fa per continuare ad allenarsi anche quando si perde.
Daniele



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